di Valeria Lopis – Agricoltura e sostenibilità sono idealmente un binomio imprescindibile che impone il raggiungimento di obiettivi complessi ai quali sempre più produttori cercano di rispondere adeguatamente.

Le difficoltà e le resistenze alle buone pratiche esistono ma le strategie di redistribuzione delle risorse sembrano apportare alle aziende che si convertono il toccasana di un buon risparmio economico ed energetico e quel minore impatto ambientale utile a migliorare la salute del pianeta, e di riflesso la nostra.

La viticoltura rappresenta una parte importante di un ecosistema dove tutto è collegato: società, ambiente ed economia, sono le tessere di un pericoloso domino che a cascata si ripercuote da un settore all’altro.

La Sicilia non fa eccezione e nella sua frammentata realtà colleziona numerose cantine che gradualmente si stanno avviando al biologico adottando criteri di scelta che valorizzano le competenze locali.

L’azienda pilota del processo di sostenibilità in Sicilia è Tasca d’Almerita, storica etichetta sinonimo di qualità e lungimiranza, che con il programma SOStain nel 2019 si è guadagnata il titolo di Cantina Europea dell’anno per l’autorevole rivista Wine Enthusiast, secondo cui “L’impegno assunto dalla famiglia Tasca d’Almerita per la vitivinicoltura sostenibile in Sicilia ha avuto un’influenza estremamente positiva sul vino, sull’ambiente e sulle altre cantine anche in tutta Italia, migliorando la qualità e diffondendo il messaggio di sostenibilità”

La scelta di Tasca è di ottemperare a10 criteri che insieme formano un paradigma compatibile con i ritmi naturali: no ai diserbanti, costante misurazione dell’impatto con il programma VIVA, mantenimento del prato d’inverno, consumi minimi di energie, bottiglie leggere, uve e competenze locali, protezione e rinforzo della biodiversità di fauna e flora, uso esclusivo di soli materiali ecocompatibili nel vigneto, un bilancio pubblico annuale di sostenibilità, bassi livelli di solforosa.

Il contributo di Tasca sta ispirando e coinvolgendo altre aziende che hanno compreso come gli impatti delle attività agricole vanno oltre i confini dei campi che si coltivano e possono trasformarsi in benessere dei lavoratori, tutela della salute dei consumatori, valorizzazione del territorio e della comunità, conservazione delle risorse naturali e la tutela del paesaggio.

Ecco altre 3 etichette siciliane accomunate dalla filosofia green:

Fazio Wines

In pieno territorio Erice DOC, nel cuore medievale della Sicilia Occidentale, l’etichetta Fazio produce e imbottiglia vitigni autoctoni e internazionali in un ciclo di sostenibilità che corre dalla vigna alla cantina.

Le energie rinnovabili sono il baricentro di un cambiamento che coinvolge tutta la produzione: in cantina una ristrutturazione ispirata ai criteri della compatibilità ambientale ha portato all’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti dei magazzini, l’impianto realizzato evita ogni anno di immettere in atmosfera circa 120 tonnellate di C02.

Il vino simbolo del territorio è il Nero d’Avola in purezza Torre dei Venti, l’annata 2018 è corposa e strutturata e richiama i tipici sentori di more e amarene, il passaggio in legno (10 mesi circa) ne arricchisce il naso con sfumature di cuoio fresco e di una delicata tostatura. In bocca il sorso è pieno, la trama tannica ben calibrata, alla persistenza si unisce una piacevole nota sapida.

Colomba Bianca

Fondata nel 1970 Colomba Bianca è una cooperativa che riunisce 2.480 soci e conta 6 cantine distribuite tra le province di Trapani, Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Ragusa. Tra le più grandi realtà vitivinicole in biologico d’Europa, il focus della cantina è la valorizzazione delle maestranze locali che con un giusto compenso ai lavoratori restituisce dignità all’agricoltura siciliana.

Un’attenzione non scontata che continua con le etichette tutte dedicate agli agricoltori: Resilience è un’intera linea produttiva di vitigni autoctoni vinificati in purezza come il Perricone, diffuso nella parte occidentale dell’isola e interpretato in modo tradizionale.

L’annata corrente 2019 è caratterizzata da profumi intensi di frutti a bacca rossa e quella tipica nota vegetale che corrobora uno sferzante tannino. Al palato l’assaggio è avvolgente.

Cantina Funaro

Un progetto di famiglia avviato nel solco della sostenibilità: per Tiziana, Clemente e Giacomo Funaro nel 2003 inizia un percorso che li porterà a creare un incastro complementare tra la modernità delle tecniche di Agricoltura Biologica e la tradizione che riprende le conoscenze millenarie e vieta l’uso di sostanze chimiche di sintesi.

I vigneti situati nei comuni di Salemi e Santa Ninfa nella provincia di Trapani si estendono per 85 ettari di superficie, un paesaggio composito dove i filari si fondono con gli oliveti intervallati da campi seminativi, orti, alberi da frutto ed aree di compensazione ecologica.

La certificazione bio arriva nel 2011 ed oggi è rafforzata dal processo di “Fitodepurazione Attiva”, grazie al quale tutte le acque reflue, prodotte durante i processi produttivi, vengono depurate naturalmente con un sistema integrato di roccia vulcanica filtrante e canne palustri micorrizate, uno scarto che può essere riutilizzata per l’irrigazione delle colture agricole.

La cantina è anche dotata di un impianto di termocondizionamento e un “cappotto termico esterno”, unitamente ad un impianto fotovoltaico integrato ed un impianto solare termico che insieme consentono un significativo risparmio energetico.

L’ultimo nato in casa Funaro è il rosato da Nero d’Avola 2019: la generosità delle uve autoctone siciliane sposano l’agilità della vinificazione in bianco, tra profumi varietali leggeri appena accennati e una spalla acida che all’assaggio sostiene bene la freschezza e la facile beva del vino.

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