Un borgo di poche case agricole, sembrano dormire le abitazioni del Faro Superiore, giacciono assopite dagli anni ’60 in un’inoperatività che mal si combina con un territorio da sempre attivo e vocato al vino.

Poco più avanti un alto promontorio sovrasta il Tirreno: è Bonavita, contrada che nel nome possiede l’augurio della terra promessa e dove Giovanni Scarfone e Sanny Occhino hanno rimesso radici, scegliendo di vivere e lavorare in questo angolo a Nord Est di Sicilia.

Suoli variegati e altezze che cambiano repentinamente, in tutto Bonavita conta 3 ha di vigneti e 7 ha di boschi ed uliveti che costituiscono un paesaggio armonico a stretto contatto con il mare che lambisce questo spazio aperto, come un anfiteatro.

Una tradizione di famiglia per Scarfone, agronomo con competenze da enologo. “Bonavita è un’azienda agricola inserita pienamente nel proprio contesto ambientale: alberi da frutto, ulivi, boschi e gli allevamenti circostanti – spiega Giovanni Scarfone incontrato in una passeggiata tra le vigne  – è l’insieme di biodiversità in cui si inseriscono le vigne di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e il locale Nocera, ma anche piccole sperimentazioni come un vitigno a bacca bianca che viene da ovest, da vigne di amici”.

Sanny Occhino invece vignaiola c’è diventata, un passo alla volta. Lasciato il vecchio mestiere di città che aveva a che fare con luci e vetrine, adesso il tempo è scandito dai ritmi della campagna. “Mi piace soprattutto innestare – racconta Sanny che con sensibilità affianca Giovanni in ogni operazione di produzione – me l’ha insegnato mio suocero. È un gesto materno, quando vedi che le gemme si schiudono è molto emozionante: hai messo in circolo una vita”.

Il Nocera dello stretto

Da una parte Messina e dall’altra Reggio Calabria due province speculari, separate dal mare, ma che ancora condividono il patrimonio ampelografico: è il caso del Nocera, il vitigno autoctono che unisce lo stretto.

Diffuso in entrambe le sponde, è nel messinese che il Nocera caratterizza insieme a Nerello Mascalese e Cappuccio la denominazione Faro. “Gli ettari vitati registrati come DOC Faro sono soltanto 20, gestiti da 17 aziende vinicole di cui 6 le più attive: una realtà molto lontana dalle cronache del secolo scorso che censivano 18 mila ha solo in provincia di Messina”.

“Nell’intera provincia di Messina nel 1848 in totale gli ettari coltivati a vite erano 18mila, nell’ultimo decennio dell’Ottocento raggiunsero i 40mila e la produzione annua di vino arrivò a 500mila ettolitri” dal DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA “FARO”

Una quantità che ha lasciato spazio alla qualità, in particolare Bonavita punta ad una filosofia produttiva a basso impatto ambientale, eticamente e responsabilmente orientata.

“Potremmo definirci produttori naturali, anche se significa tutto e niente, – precisa Scarfone – le nostre certificazioni biologiche sono la base con cui costruiamo una viticoltura sostenibile e artigianale,  in un’interpretazione agricola ampia ci piace vederci come parte di un ecosistema”.

Nel progetto Bonavita c’è anche spazio per l’enoturismo di nicchia. La coppia ha appena finito di ristrutturare con criteri di bioarchitettura una casetta in mezzo ai boschi, da raggiungere camminando o con mezzi adatti, in full immersion con la natura.

L’assaggio delle anteprime

Bonavita, IGT Rosato 2022. Blend di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera. Vendemmia manuale e successiva vinificazione con macerazione sulle bucce per circa 12/18 ore, poi fermentazione in acciaio. Appena imbottigliato, mostra già un ottimo andamento con un naso finemente fruttato che gode di intensi richiami mediterranei. Al palato presenta una delicata tannicità e una piacevole persistenza, un sorso particolarmente versatile e gastronomico.

Bonavita, Faro DOC 2020. Blend classico di 70% Nerello Mascalese, 20% Nerello Cappuccio, 10% Nocera da viti che hanno dai 10 agli 80 anni di età. Vinificazione tradizionale in rosso con parte delle uve fermentate in grandi tini di legno di rovere e parte in acciaio. Lunghe macerazioni sulle bucce e pressatura soffice, il vino matura per circa 24 mesi tra botte di legno di rovere, cemento ed acciaio, e fa almeno 1 anno in bottiglia. Un vino scuro e profondo il cui l’olfatto complesso compone insieme sensazioni vegetali selvatiche, cenni di carrubo e un finale di arancia sanguinella; il sorso sfodera un tannico dal tocco elegante. Spessore, consistenza e lunghezza di beva caratterizzano un grande assaggio. La produzione è di circa 7000 bottiglie.

Bonavita, Il No’ IGT Rosso 2021. Nocera in purezza da alberelli che hanno fino ad 80 anni di età. L’ultima etichetta nata in casa Bonavita, lo spettro olfattivo è dinamico: frutti scuri, sensazioni argillose e terrose, inchiostro. In bocca è la freschezza a prevalere: schioccante e brioso, un vino contemporaneo e trasversale.

 

 

 

 

Di Valeria Lopis

classe 1979, nata all’ombra del vulcano, il vino e la biodiversità dell’Etna sono i primi naturali contatti con il mondo enologico che la travolge e la appassiona sin da piccola. Giornalista, Donna del Vino e sommelier con un palato goloso e curioso che la spingono verso viaggi del gusto, nei quali a essere assaporato è anche il paesaggio

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